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12/12/16

Ai Musei Reali di Torino una mostra racconta il duca Carlo Emanuele I e ripropone le sue splendide raccolte d’arte. Nasceva in quel contesto, a cavallo tra Cinque e Seicento, la vocazione internazionale della città.

Segnatevi la data. La grande mostra che si inaugura presso i Musei Reali di Torino il prossimo 15 dicembre – “Le meraviglie del mondo. Le collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia” – non si potrà perdere, poiché segnerà un punto di svolta nell’immaginario della città e della sua storia culturale.

Lo stereotipo vuole la Torino sabauda legata al Settecento, secolo che certo fu uno dei suoi maggiori; ma colpevolmente trascura l’età in cui nacque la vocazione internazionale del piccolo regno, e cioè il periodo a cavallo tra Cinque e Seicento, contrassegnato dalla straordinaria figura di Carlo Emanuele I, che rimarrà sul trono per ben 50 anni, dal 1580 al 1630.

Colto e amante dell’arte, il duca sabaudo seppe trasformare Torino in una vera capitale europea ponendola, grazie soprattutto a un’accorta politica artistica e culturale, all’altezza delle maggiori corti del suo tempo. Per bellezza, vastità e interesse le sue collezioni rivaleggiavano con quelle dell’imperatore Rodolfo II, e avevano l’ambizione (a cui rimanda il bel titolo dell’esposizione), di riunire tutte le meraviglie che il mondo allora conosciuto poteva offrire in ogni campo delle discipline umane: arte, storia, scienza, l’artigianato più prezioso; tutte accostate secondo i modelli tardo manieristi della Wunderkammer e della Kunstkammer.

L’intento della mostra è dunque quello di riproporre, attraverso circa 250 opere ordinate su un’ampia superficie espositiva che comprende Galleria Sabauda e Biblioteca Reale, un’epoca e una città in piena trasformazione, viste però alla luce di un personaggio e del suo progetto del sapere. Per riuscire nell’impresa i Musei Reali hanno lavorato a lungo e in modo sinergico. Curato dalla direttrice Enrica Pagella, questo articolato progetto ha preso forma innanzitutto grazie ai tre musei maggiormente coinvolti e all’impegno dei rispettivi direttori: Anna Maria Bava per la Galleria Sabauda, Gabriella Pantò per il Museo di Antichità, Giovanni Saccani per la Biblioteca Reale. Insieme a loro una serie di collaboratori e studiosi d’eccezione, tra cui è doveroso ricordare Anna Maria Riccòmini, per le ricerche archeologiche e, per la parte relativa ai sontuosi album naturalistici, Franca Varallo e Pietro Passerin d’Entrèves. Interviene inoltre la Consulta di Torino, che seguirà le attività di promozione e comunicazione che saranno lanciate sul territorio.

Nata in casa, poiché la parte più consistente del patrimonio delle collezioni ducali è conservato presso i Musei Reali, nel tempo la mostra si è definita con sempre maggior precisione, arricchendosi degli apporti di numerosi musei prestatori. Viene ancora da Torino un cospicuo numero di opere (da Biblioteca Nazionale, Archivio di Stato e Palazzo Madama); ma collaborano anche le dimore sabaude piemontesi (i Castelli di Moncalieri e Racconigi), e arriva da prestigiose istituzioni italiane un nucleo di oggetti di particolare pregio: dal museo del Castello Sforzesco di Milano il disegno della volta della Grande Galleria di Federico Zuccari, dal Bargello di Firenze una miniatura giovanile del duca, dal Palazzo del Quirinale due busti antichi. Non mancano, per finire, gli apporti dall’estero, con prestiti dal Louvre e poi Basilea, Madrid, Dresda.

 “Un grande sforzo – spiega Anna Maria Bava – che mira non solo a riproporre le diverse sezioni delle collezioni di Carlo Emanuele I, ma prova anche a far capire quali furono i progetti e le idee dominanti del duca in quel momento. Sarà proprio lui, infatti, a edificare il Palazzo Ducale e a far sì che la sede potesse competere con quelle dei più importanti centri d’Europa”. Insomma, dietro alla volontà di esporre la sua collezione in una Grande Galleria, esisteva già un’idea politica e culturale di ampio respiro, segno preciso dell’importanza di quel contesto storico. “È proprio questo che ci piacerebbe trasmettere ai visitatori: la ricchezza di un periodo poco conosciuto, ma cruciale per il confronto della città con le altre corti europee. La mostra ci insegna che Torino non deve aspettare Juvarra per diventare internazionale, lo è già con il grande slancio promosso da Carlo Emanuele I”.